Siccome la mattinata avrà un momento al piano inferiore, quindi al piano terra, dove si potrà vedere un pezzo dell’evoluzione dei lavori del palazzo e la mostra «Palazzo Lascaris e i suoi abitanti», che abbiamo organizzato in collaborazione con la Fondazione Cavour, proprio per questo lascio la parola a Marco Boglione, presidente della Fondazione Cavour, dove anche lui ci racconterà la genesi di questa mostra che è – appunto – ospitata al piano inferiore: poi la vedremo, sarà aperta al pubblico. Qual è il senso di questa collaborazione? Perché abbiamo scelto di raccontare in questa maniera la storia degli abitanti di Palazzo Lascaris? Grazie.
Intervento di Marco Boglione
Grazie a tutti, faccio mia quella affermazione simpatica del nonno o del papà di qualcuno, quando parli tra persone che conosci o che hai conosciuto, ma soprattutto con cui hai fatto qualcosa, hai lavorato, è tutto più facile.
Allora, io devo dire la prima impressione di stamattina. Sono molto felice come cittadino, come imprenditore e come presidente della Fondazione Cavour. Come cittadino non posso non sottolineare, non notare, non apprezzare, non dire (perché non è sempre così) che questa collaborazione si è dichiarata vera e si è vista in questi cinque anni tra governo e opposizione.
È così che dovrebbe essere, è così che forse anche Cavour 163 anni fa avrebbe sognato che fosse. Anche in quei tempi non era facile, dai registri della nostra fondazione e dagli archivi risultano battaglie infinite tra il governo e l’opposizione: all’inizio del primo Parlamento d’Italia ci sono tracce memorabili di scontri epocali.
Io credo che tutto abbia un tempo e credo di essere, come appunto ho detto, felice perché penso di aver vissuto un momento di quelli di cui si dice «ma che bello sarebbe se…».
Ecco, fatevi portatori anche a livello nazionale di questa bellissima esperienza, perché noi cittadini ne abbiamo tanto bisogno e credo che, anche in fase elettorale, saremo capaci di apprezzarlo, sia a destra sia a sinistra.
Quindi bravi. Come imprenditore è evidente: lo sappiamo tutti, noi e voi. Senza voi che lavorate bene, noi non faremmo e non combineremmo niente; forse non esisteremmo neanche.
Però anche voi avete molto bisogno di noi e quindi io sono molto soddisfatto, l’ho detto tante volte, di vivere in questa regione che rappresenta pienamente l’Italia. Addirittura, si può anche dire che l’abbia fatta l’Italia, a suo tempo, e che è ben inserita in un tessuto europeo forte che si basa, per quanto riguarda noi imprenditori, sicuramente sugli Stati, sulle leggi, sulla capacità di rispettarle e farle rispettare. Anche per questo faccio l’imprenditore da quasi 50 anni: da quando ero poco più che un ragazzino e non ho avuto migliaia di possibilità reali o emotive di mollar tutto e andare da qualche altra parte. Non l’ho mai fatto, e alla soglia dei 70 anni dico «ho fatto proprio bene». E vi ringrazio in questo senso, grazie.
Poi c’è la questione della Fondazione Cavour, quel piccolo pezzo di attività che tanti di noi che fanno un altro mestiere – qualcuno è seduto lì e qualcuno invece è seduto qui – cerchiamo di fare alla voce «essere utili anche a qualcun altro», oltre che alla nostra realtà, in questo caso imprenditoriale.
Adesso da qualche anno mi tocca la Fondazione Cavour. Non è la prima cosa che ho fatto in quel senso. C’è stata la Film Commission, c’è stata l’ITP, c’è stata la Fondazione Piemontese per l’Oncologia e adesso c’è la Fondazione Cavour.
Come Presidente della Fondazione Cavour sono felice oggi, come per gli altri due casi, perché la Regione ci ha dato l’opportunità – oltre che sostenerci dal mattino alla sera con dei fondi – di fare di più. Ci sta dando l’opportunità di fare di più, che vuol dire poter parlare di più di Cavour, conoscerlo meglio, farlo conoscere meglio. E anche dare una nuova vocazione alla Fondazione Cavour che non aveva, che crediamo tutti insieme che sia molto importante: cioè la promozione continua e sistematica, oggi anche indicata da una legge dello Stato – (a indicare, ndr) che è bene farla – della promozione del valore dell’Unità d’Italia. E chi meglio di Cavour e di Santena può portare avanti tutti i giorni questo valore?
Prima sentivo con enfasi e orgoglio il fatto di avere un valore nell’Unità del Piemonte, è vero, lo sento anch’io. Però l’Unità d’Italia è qualcosa di più, che è fatta dell’unità di altre unità.
E se andiamo a vedere questa famosa Unità d’Europa, non può che essere fatta da cose tra loro unite e che scendono da dove si può partire.
Quindi se c’è un’identità piemontese, ci sono tante identità in Italia – e con questo non voglio dare nessun riferimento politico. Noi, adesso, stiamo cominciando con la Fondazione Cavour a valorizzare soprattutto per i giovani e non una volta ogni 50 anni: perché non è che non lo facessimo, ma io nella vita l’ho vissuto (solo, ndr) due volte e… sono a Matusalemme: nel 1961 e nel 2011. Poi se ne parla più, di compleanni non se ne fanno più.
C’è stata addirittura una legge, credo nel 2012, che invita – e come legge impone – alcuni luoghi in particolare a ricordare tutti gli anni, il 17 di marzo, il valore della Bandiera, della Costituzione, dell’Unità e dell’Inno.
Santena è uno di quei quattro posti, che per legge sono stati indicati come «cari alla patria» e noi lo facciamo molto volentieri ed è proprio la missione principale della Fondazione Cavour.
Un giorno come questo, una collaborazione su un luogo che adesso forse vedremo anche, è una grandissima opportunità per cui noi siamo molto riconoscenti alla Regione e ci fa piacere essere qui oggi. Grazie mille.
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