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Mettete i chip nei vostri cannoni
Italia Oggi 14/12/2010 pagina 15 
Autore: Jervis Macchi


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Nel 1931 al Teatro Scribe di Torino nacque la tv. La Rai non esisteva ancora e fu l'Eiar a impiantare nel teatro torinese la sua prima sede. A distanza di 70 anni il teatro del capoluogo piemontese, distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e mai ricostruito, potrebbe presto ospitare un museo che racconta una rivoluzione ancora più potente di quella televisiva: la rivoluzione informatica. L'idea è di Marco Boglione, fondatore e presidente di BasicNet, che nell'ex sede Eiar vuole dar vita al primo museo dell'informatica. «E' la vera rivoluzione degli ultimi anni, anche se c'era grande aria di cambiamento negli anni 70, le cose sono rimaste sostanzialmente le stesse, mentre l'informatica è una rivoluzione sociale che ha cambiato il modo di vivere e dato molta più libertà», spiega il presidente di BasicNet immaginando, forse, di sostituire i «fiori» nei «cannoni» (slogan pacifista di quegli anni) con «chip» o, anche se doveva ancora venire, «internet». Appassionato di tecnologia, Boglione è anche un grande collezionista di computer d'epoca e si è aggiudicato da poco a un'asta da Christie's anche uno dei pezzi che ogni tecnofilo vorrebbe possedere: l'Apple 1, cioè «il Santo Graal dei computer, come lo chiamano gli addetti ai lavori», spiega Boglione. Prezzo? 160 mila euro, con tanto di lettera di Steve Jobs e indirizzo, riportato sulla scatola, del garage della famiglia Jobs, dove il fondatore di Apple cominciò la sua avventura oltre 25 anni fa. Nel mondo esistono cinque o sei Apple 1 censiti e sarà sicuramente il pezzo forte di una collezione che raccoglie oltre 300 pezzi che vanno dal 1975 al 1995, anno di uscita di Windows 95, il software che più di ogni altro ha reso il computer oggetto di massa. Dal quel momento ì computer sono diventati sempre più intelligenti e sempre più pervasivi, ma a livello di design e struttura non molto è cambiato. Una storia affascinante quella dell'informatica, che potrebbe presto trovare una sua casa proprio a Torino. «La Rai», spiega Boglione, «è interessata al progetto e potrebbe cedere il Teatro per un progetto di questo tipo. Anche i referenti culturali della città sono interessati, così come molti privati». Un progetto nel quale Boglione crede molto perché la rivoluzione informatica è «il primo anello della catena della libertà e dell`indipendenza. Quella informatica è stata una rivoluzione sociale che veramente ha cambiato il nostro modo di vivere in profondità», aggiunge l'imprenditore. Ma come immagina il nuovo museo il suo ideatore? «Lo immagino come uno spazio di intrattenimento, un omaggio alla comunicazione multimediale, un film tridimensionale di questo lungo percorso che mostra il ruolo sociale della rivoluzione informatica». Al momento, l'unico dubbio è sulle tempistiche, perché anche se la location per il nuovo museo dovrebbe esserci, c'è da fare un grande lavoro di restauro e ricostruzione per sanare le ferite dei bombardamenti. «Non saranno brevi, ma nemmeno eterne. Ci vorranno due o tre anni di sicuro». E in questo senso è necessario l'appoggio dei privati. «C`è molto interesse intorno a questo nascente museo e penso a un progetto che sia apprezzato dalle istituzioni, ma realizzato dai privati. Vorrei che partecipassero privati, fondazioni e grandi aziende». Quello che è certo è che il museo sarebbe un ottimo strumento per promuovere quell'attenzione verso la cultura informatica che in Italia a volte manca, non tanto da parte dei cittadini e dei consumatori, ma dalle aziende e dalle istituzioni. «L'Italia è uno dei paesi ai primissimi posti quando si guardano le statistiche di numero di telefonini per abitante. Le persone sono sensibili all'informatica e anche se non raggiungiamo i livelli dei paesi del Nord Europa, per quanto riguarda le connessioni per abitante, i gíovani italiani utilizzano molto la rete. La pubblica amministrazione», aggiunge Boglione, «almeno quanto a dichiarazioni, sta facendo un grande sforzo proprio adesso, mentre sono le aziende che potrebbero essere un po' più avanti sotto questo punto di vista. Ma credo che questo problema non riguardi solo l`informatica, è un problema di frizioni di sistema che tocca tanti altri aspetti dell`impresa».



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