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Kappa, ecco come si creano le tute per le gare degli azzurri in Corea
www.lastampa.it 15/02/2018 
Autore: Lucia Caretti


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Clicca qui per vedere anche l'intervista a Emanuele Ostini, Kappa global brand manager

Alessandro Bora ha la valigia pronta. In caso di emergenze, deve partire immediatamente: un bobbista ingrassato, uno sciatore dimagrito. Le tute dei campioni sono abiti su misura, basta un calo di peso e bisogna cucirle da capo. Ci vogliono 24 ore. Poi si sale sul primo volo per Pyeongchang: «L’Asia, nel nostro lavoro, è dietro l’angolo». Sono 121 gli azzurri impegnati ai Giochi e tutti, per la prima volta, stanno gareggiando con divise firmate Kappa. Cioè progettate a Torino, al BasicVillage di corso Regio Parco: il posto dove si disegnano le Superga, i K-Way, le giacche dell’Italia. E pure quelle della Corea.

È la seconda olimpiade invernale per il marchio del gruppo BasicNet. Nel 2006 la sede di corso Regio Parco ospitò Casa Russia: la multinazionale guidata da Marco Boglione non era ancora sponsor della Fisi, come invece fu a Sochi. Stavolta Kappa veste anche gli atleti della Federazione Sport del Ghiaccio e ieri Arianna Fontana ha vinto lo shortrack con il logo sabaudo in bella vista. Lo stesso che spunta sui completi rossi, bianchi e blu degli sciatori di Seul. Difficile immaginarli medagliati, eppure per il global brand manager di Kappa Emanuele Ostini, l’operazione commerciale vale un oro: «Siamo in 120 paesi e quello Coreano è uno dei nostri tre mercati più importanti al mondo». Nella moda Seul è considerata la Parigi dell’estremo Oriente. «Laggiù l’italianità è un valore così importante che per presentare ai giornalisti l’accordo con la nazionale, il nostro licenziatario ha voluto indossare la giacca della Fisi, anziché quella della Corea».

Ostini ha 48 anni, è padovano e ha sempre lavorato in BasicNet. Ha visto crescere da zero il comparto sci e sport invernali, che proprio sei mesi fa si è arricchito di un nuovo brand, Briko, l’azienda lombarda dei caschi (quelli che usa Lindsey Vonn). «Abbiamo sperimentato per 15 anni poi siamo riusciti a convincere la federazione a scegliere Kappa offrendo la stessa qualità per tutte le discipline, pure quelle minori su cui nessuno, di solito, vuole investire». Era il 2011; il contratto è stato prolungato fino al 2022. Certo, con questi risultati è facile andare d’accordo. La rivoluzione del “vacuum”, la nuova tecnologia di areazione dei tessuti, ha coinciso con la rinascita della velocità azzurra: nel 2015-16, prima stagione con i materiali rinnovati, i podi sono aumentati da 9 a 14; nella scorsa da 14 a 27. Se stanotte gli uomini jet si metteranno al collo una medaglia, sarà anche merito delle tutine.

«Il sistema vacuum favorisce la fuoriuscita di quell’aria che prima rimaneva imprigionata nella tuta, frenando l’azione sportiva del corpo» spiega Ostini. «Si guadagnano millesimi fondamentali. Abbiamo lo stesso approccio della Formula Uno, facciamo costantemente ricerca. Mentre le collezioni moda vengono chiuse con largo anticipo, questi capi vengono ritoccati fino a pochi giorni prima dell’evento». Vengono testati in galleria del vento (quattro giornate all’anno, un’ora costa 1000 euro), alla presenza del capo degli allenatori di libera e superg, Alberto Ghidoni. Poi tocca ai sarti, perché ogni millimetro può fare la differenza. Bora, insieme ad una modellista, insegue gli atleti in giro per le Alpi. «Prendere le misure per molti è diventato un rito. Ci capita di farlo negli Autogrill, come recentemente con le Fanchini. O di consegnare le tute all’aeroporto, come con Marsaglia, due venerdì fa. È stato l’ultimo convocato, ma noi a fine dicembre avevamo fatto per precauzione le prove con tutti. In un anno ripetiamo varie sessioni, perché il fisico cambia in base alla preparazione e le tute vanno adattate. Il peso di uno slittinista come Fishnaller, ad esempio, può variare di 4 kg. Chiediamo continui riscontri ai ragazzi. Più gli atleti sono puntigliosi, più per noi sono preziosi. Gli sciatori più esigenti? Peter Fill, Dominik Paris, Manfred Moelgg, Sofia Goggia». Nessuno si disinteressa dei materiali: «Gli italiani hanno tutti attenzione per quello che indossano, è una questione culturale. Lo abbiamo visto anche con la nazionale di rugby».

Gli sciatori top ricevono in media 7 tutine su misura a stagione (i giovani tre o quattro: ma con taglie fisse). Sono capi che costerebbero più di mille euro l’uno, cioè quattro volte tanto le linee commerciali. «Non si trovano in negozio – dice Ostini – come non si possono comprare le auto dei piloti di Formula Uno». Si può solo sognare di meritarle, un giorno.



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