«Le strategie di marketing si dividono sostanzialmente in due: il marketing strategico, quello che fai pensando dove vorresti che il marchio fosse tra 5 o 10 anni, stabilendo quindi una rotta di lungo periodo; il marketing tattico, operativo, che naturalmente deve fare da supporto a quello strategico. Sono strategie completamente diverse da marchio a marchio. Il fil rouge – il minimo comun denominatore – di questa strategia, soprattutto partendo da marchi falliti, che quindi non sono più sul mercato, è andare a prenderne la storia vera: quella che in inglese si chiama la romance, oppure la narrazione. Comprando dei marchi “veriâ€, si può riprendere da dove i marchi avevano finito quando erano di successo».
«Gli influencer che hanno interpretato la nostra strategia di marketing correttamente – non perché l’abbiano fatto scolasticamente ma perché, per combinazione, ci si trovavano – sono stati molto importanti, in particolare per Superga, un po’ per K-Way, e adesso anche molto per Kappa. L’influencer però è un aspetto del marketing operativo, non è marketing strategico. Non è che tu possa fare una strategia di brand basata sugli influencer, perché costruiresti il marchio dell’influencer: ci pensa Chiara Ferragli, per conto suo, a farsi il suo marchio e i suoi milioni di fatturato; però, all’inizio, per Superga Chiara è stata un grande influencer».
«Credo sia importante che io riesca – o almeno provi – a trasferire ai giovani un concetto: la grande fortuna della mia vita è fare, a 61 anni, il mestiere che sognavo di fare quando ne avevo 15. È un mestiere bellissimo, che secondo me è anche molto etico, ed è quello dell’imprenditore: collaborare all’economia e quindi – direttamente – al bene pubblico. Uno ci prova, io glielo dico. Poi, bisogna vedere che cosa succede».
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